giovedì 7 luglio 2016

La pazza gioia


L'incomprensione è una delle chiavi dell'ultimo, commovente film di Paolo Virzì: l'incomprensione e la mancanza di solidarietà all'interno dei nuclei sociali, dalla famiglia alla comunità; l'incomprensione (e l'inadeguatezza) degli strumenti normativi per racchiudere la complessità dei problemi psicologici, dei disagi sociali; l'incomprensione dei giudici che li utilizzano intervenendo pesantemente sulla vita e sui legami affettivi delle persone.


Le protagoniste del film, le intense Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, interpretano due donne - diverse per età, estrazione sociale e storie - soggette a procedimenti giudiziari e ospitate in una comunità per il recupero e il reinserimento dei malati psichiatrici. La prima parte della pellicola indaga con realismo e occhio pietoso (la macchina da presa non si tira mai indietro davanti al dolore) la triste realtà di queste comunità, il lavoro degli assistenti sociali, la sofferenza delle ospiti. La seconda parte, incentrata sulla fuga delle due donne per le campagne e le città della Versilia, costituisce una sorta di film nel film, e alterna all'immaginario del road movie (esplicito il rimando a Thelma & Luise) i commoventi flashback sulle vite delle protagoniste. A differenza però del film di Ridley Scott, le due donne non cercano un epilogo tragico e si può dire che, con la complicità di certi toni fiabeschi e forse buonisti, troveranno, se non proprio un happy end, almeno uno scioglimento riconciliante e un finale di speranza.

Ma come sempre nei lavori di Paolo Virzì il senso del film non risiede nel suo scioglimento ma nel suo intreccio: e il suo cinema apparentemente leggero indaga con occhio lucido e disincantato la triste e disumana realtà della moderna società, la perdita della compassione e della comprensione dell'altro, l'egoismo consumistico, la mancanza di solidarietà fino all'interno del nucleo familiare. Racconta, forse con un eccesso di sentimentalismo (c'è il contributo di Francesca Archibugi sulla sceneggiatura), la caduta di due esistenze diverse tra loro e il loro ingresso in una vita di alienazione, causata dalla mancanza di comprensione da parte della realtà circostante che le emargina e, con alcune nobili eccezioni, le rifiuta abbandonandole al loro destino. Così fanno i genitori di entrambe le donne, emblemi di meschinità ed inettitudine, così fanno i loro uomini; l'amante di Donatella (Micaela Ramazzotti) abbandona anche il proprio figlio. Ne emerge un quadro di deriva morale, una società esclusivamente concentrata sull'edonismo che ha ormai delegato esclusivamente allo Stato il trattamento di questi casi di diversità. L'umorismo e il leggero sorriso del cinema di Paolo Virzì non riescono a coprire l'orrore, l'autentico squallore di una società che, fuori dallo schermo, è molto più vicina a noi di quanto si possa immaginare.


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